Secondo la definizione originale del Dr. James Parkinson, la patologia inizia a manifestarsi con stipsi per poi esordire anche parecchi anni dopo. Infatti si è visto che la frequenza dei movimenti intestinali può essere predittiva per lo sviluppo della patologia. Gli uomini che hanno meno di un movimento intestinale al giorno hanno un rischio 4 volte maggiore di sviluppare il morbo di Parkinson entro una decina d’anni, anche se potrebbe essere semplicemente un sintomo molto precoce della malattia legata alla riduzione del consumo di acqua. Molti pazienti affetti dal morbo di Parkinson riferiscono di non sentire molto la sete. Tuttavia anche la costipazione aumenta il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson, in quanto si ha un prolungamento della permanenza delle feci nell’intestino e quindi un maggior assorbimento di neurotossine apportate dalla dieta.
Due studi suggeriscono un’associazione tra costipazione e morbo di Parkinson. Allo stesso tempo, 38 studi collegano la malattia all’esposizione ai pesticidi e più di 100 studi collegano i pesticidi a un aumento del rischio fino all’80% di sviluppare la patologia. Molti di questi studi riguardano l’esposizione professionale (es. lavoratori agricoli), mentre altri riguardano l’esposizione ambientale. Negli Stati Uniti, dove vengono applicati annualmente circa un miliardo di pesticidi, solo vivere o lavorare in aree ad alto rischio di esposizione, può aumentare il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson. Un rischio aumentato di sviluppare questa patologia, secondo l’UCLA, si ha anche quando si utilizzano pesticidi ad uso domestico.
I pesticidi possono causare mutazioni del DNA che aumentano la suscettibilità allo sviluppo del morbo di Parkinson e, in alcuni casi, hanno anche un ruolo diretto. È risaputo che molte malattie neurologiche sono causate dall’accumulo di proteine mal ripiegate. Ad esempio, nell’Alzheimer si ha un accumulo della proteina beta amiloide nel cervello; nel morbo di Creutzfeldt-Jakob si ha un accumulo di prioni; così come nella malattia di Huntington. Nel morbo di Parkinson, invece, la proteina che tende ad accumularsi nel cervello è l’alfa-sinucleina. Dagli studi si è visto che 8 pesticidi su 12 sono stati in grado di innescare l’accumulo di sinucleina nelle cellule nervose umane (studi condotti in vitro).
L’accumulo di alfa-sinucleina può avere un ruolo nell’uccidere le cellule nervose e il 70% può essere già scomparsa quando si manifestano i primi sintomi. Ad oggi non esistono ancora farmaci che possano prevenire l’insorgenza di questa patologia.
Che dire dei fitonutrienti presenti nella frutta e nella verdura?
I flavonoidi possono attraversare la barriera emato-encefalica e possono esplicare effetti neuroprotettivi. Negli studi si è visto che molti flavonoidi possono inibire la formazione a ragnatela dell’alfa-sinucleina nel cervello e alcuni possono addirittura rompere queste fibre. In uno studio si è viso come cellule nervose incubate in estratto di mirtillo, esposte a pesticidi, sono in grado di resistere all’effetto del pesticida stesso. Ciò implica che i flavonoidi possono prevenire concretamente l’insorgenza del morbo di Parkinson.
In un piccolo studio, un po' datato, condotto sull’uomo, si è visto che chi consumava mirtilli e fragole risultava più protetto per quanto riguarda lo sviluppo del morbo di Parkinson. Anche in uno studio più recente si è visto come chi consumava più fitonutrienti risulta più protetto per lo sviluppo del morbo di Parkinson.
In sostanza è importante cercare di evitare l’esposizione ai pesticidi, cercando di preferire sempre l’alimento biologico. Inoltre, il consumo regolare di frutta rossa può essere in grado di prevenire l’insorgenza del morbo di Parkinson.
Fonte:
Dott. Daniele Gabrovec – BIOLOGO NUTRIZIONISTA
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